Onorevoli Colleghi! - Le autorità sportive nazionali, e segnatamente quelle del settore del calcio professionistico, attraversano nel momento attuale una fase di riorganizzazione che segue a un periodo di profonda crisi istituzionale.
Crisi in cui un ruolo non indifferente hanno giocato l'obiettiva inadeguatezza dei sistemi di giustizia sportiva «domestica» e la complessità della normativa statale in materia di sindacato giurisdizionale sugli atti delle organizzazioni sportive.
La legislazione d'urgenza in materia di giustizia sportiva approntata nel 2003 - che pure contribuì al superamento della impasse prodottasi all'epoca - si è rivelata con il tempo insoddisfacente, in quanto concettualmente confusa e inidonea a individuare con chiarezza i limiti dell'autonomia del cosiddetto «ordinamento sportivo».
Si presenta dunque l'occasione, ora, di procedere ad un'organica rimeditazione della menzionata disciplina, da collocare nel quadro di una serie di interventi volti a normalizzare la situazione dello sport professionistico.
Le linee direttrici dell'intervento legislativo che si sottopone all'esame della Camera dei deputati sono così riassumibili:
a) utilizzo di un linguaggio propriamente tecnico-giuridico, limitando per quanto possibile il ricorso a concetti giuridici dal significato incerto e dibattuto quali, ad esempio, l'espressione «ordinamento sportivo»;
b) individuazione dell'ambito essenziale di autonomia delle organizzazioni sportive - intesa come insindacabilità in sede giurisdizionale degli atti adottati dalle medesime - nel momento puramente tecnico delle singole discipline sportive;
c) individuazione di ulteriori ambiti, di portata circoscritta, in cui alle organizzazioni
d) elencazione chiara degli atti delle organizzazioni sportive da ritenere comunque insindacabili in sede giurisdizionale, unitamente alla fissazione di princìpi generali che possano effettivamente guidare l'interprete nei casi dubbi;
f) delimitazione chiara del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo;
g) fissazione di princìpi che orientino le organizzazioni sportive nella semplificazione e della razionalizzazione dei propri sistemi di giustizia interna.
La prima parte del comma 1 dell'articolo 1 mira a ricondurre l'attività sportiva organizzata su base transnazionale in un quadro giuridico di riferimento proprio dell'ordinamento della Repubblica.
In altri termini, si afferma che il cosiddetto «ordinamento sportivo» non si riduce a una forma associativa particolarmente estesa; esso, al contrario, rappresenta un fenomeno culturale, associativo ed economico assolutamente unico nel panorama giuridico mondiale, che è pertanto ritenuto degno di un particolare trattamento giuridico, nel quadro delle tutele garantite dall'articolo 3 della Costituzione alle formazioni sociali in cui si esplica la persona.
È appena il caso di notare che la peculiarità essenziale dell'ordinamento sportivo transnazionale è costituita dall'attuazione del cosiddetto «agonismo programmatico» su scala internazionale. L'agonismo programmatico richiede uno stretto e rapido coordinamento tra tutte le varie organizzazioni sportive - al fine di garantire la continuità e la uniformità di disciplina delle competizioni - incompatibile con l'approfondito esame, in sede giurisdizionale, di tutte le possibili controversie tra atleti, imprese e organizzazioni sportive.
Peraltro, il richiamo all'articolo 3 della Costituzione vuole eliminare in principio il rischio di possibili questioni di legittimità costituzionale della normativa in esame, riaffermando il dovere dell'interprete di applicare le disposizioni nel quadro di un bilanciamento tra opposti valori costituzionali.
La seconda parte del comma 1 dell'articolo 1 vuole fornire all'interprete un primo criterio distintivo tra gli ambiti in cui l'attività sportiva organizzata acquista rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica e gli ambiti in cui la medesima è, in sé e per sé considerata, giuridicamente irrilevante o, più correttamente, rilevante alla stregua di un mero fatto.
Si tratta, da un lato, delle applicazioni socio-economiche dello sport - che necessariamente devono trovare una precisa disciplina nell'ambito del diritto statale - e, dall'altro, del momento puramente tecnico di ciascuna disciplina sportiva (regolamentazione, direzione e delibazione della gara), che ben può trovare autonoma regolamentazione nell'ambito delle organizzazioni dell'ordinamento sportivo, anche se non può recisamente escludersi che ciò possa portare, quanto meno in via indiretta, a notevoli compressioni di talune posizioni soggettive dei cittadini.
Il successivo comma 2 dell'articolo 1 precisa in cosa consista il particolare trattamento giuridico riservato dall'ordinamento generale al fenomeno sportivo organizzato: si tratta in sostanza del riconoscimento di «un maggiore grado di autonomia» alle organizzazioni sportive nazionali, inquadrate nell'ordinamento sportivo internazionale, rispetto alle associazioni che potrebbero essere definite «di diritto comune».
Maggiore autonomia che nel caso di specie si risolve, come poi sarà esplicitato all'articolo 2, in una minore tutela delle posizioni soggettive dei singoli associati - persone fisiche o giuridiche - pur nel